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Il volume esplora la paranoia come forma costitutiva della modernità e come dispositivo epistemico che struttura il nostro rapporto con il reale. I contributi mostrano come il sospetto ipermorale e l'odio proiettivo emergano dalla frattura interna del soggetto, oscillante tra melanconia e narcisismo. La paranoia si configura come reazione alla perdita di senso e difesa dall'angoscia del vuoto: un delirio che ordina il mondo e assegna all'Altro la colpa. I saggi indagano questa logica in molteplici campi: dalla psicosi alla scrittura autobiografica, dal diritto alla letteratura e al cinema, dalla lettura psicoanalitica ai populismi e alla misoginia. Ne emerge un mosaico in cui la paranoia non è devianza marginale ma cifra della condizione contemporanea, un'illusione di senso che si fa dispositivo di sospetto e minaccia. Ripensarla significa interrogare la possibilità stessa del legame sociale, e abitare consapevolmente la fragilità del sapere e del desiderio che ci attraversano.
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