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Pensando il giudicare. La psicologia e il diritto

Pensando il giudicare. La psicologia e il diritto

Editore: Fabbrica dei Segni

Reparto: Psicologia

ISBN: 9788832862355

Data di pubblicazione: 04/11/2022

Numero pagine: 192

Collana: t'inSEGNO


15,00€
Si fa attendere

Sinossi

"Pensando il giudicare" raccoglie il contributo di molti autori di diversa formazione e professione che trattano il tema del giudicare che appare in queste pagine come un argomento di difficile definizione e tutt'altro che scontato. Il libro è diviso in quattro parti. La prima tocca la dimensione storica del diritto e di alcuni suoi aspetti. Nel suo primo capitolo se ne mostra una lettura analogica che lo vede come prodotto della lotta per colmare lo scarto fra significante e significato (Masoni). Si passa poi a una nota (Alessandro Salvini) sulla cornice ideologica che circonda e influenza le nostre idee giuridiche. Segue una descrizione della nascita e dei mutamenti nella storia del concetto di pericolosità sociale (Mascherin) e si arriva infine a uno studio storicizzante su una locuzione che nella vulgata ha assunto la famigliarità delle cose ovvie: la capacità di intendere e di volere (Iudici e Girolimetto). La seconda parte contiene un solo capitolo (Brucellaria), riguarda il pianeta degli avvocati che, come si vedrà, rispetto al campo di attività dei giuristi è proprio un altro mondo. La terza parte, corposa, e a tratti non poco impegnativa, ruota sulla sfera del diritto che riguarda i minori. Turchi e il suo gruppo affrontano il problema della credibilità delle testimonianze. Segue lo scritto di un ex giudice minorile (Tomaselli) che ci mostra la storia degli ultimi decenni vista dalla parte di chi deve giudicare e finalmente si intuisce quanto travaglio sia vissuto anche da chi appare oggi troppo spesso appartenente a una casta che si pretende infallibile. Infine, un capitolo che potremmo chiamare di interazione fra minori, reati e magistratura (Centomani e La quarta e ultima parte, divisa in due capitoli (Patrizi e Dighera), tratta la "giustizia riparativa", che apparirà, nelle sue esperienze ancora iniziali e prudenti, come sbocco di civiltà conclusiva della storia del diritto.

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