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Alfabeto dei piccoli armeni
Orfalian Sonya

Alfabeto dei piccoli armeni

Editore: Sellerio Editore Palermo

Reparto: Letterature straniere: testi

ISBN: 9788838944994

Data di pubblicazione: 18/04/2023

Numero pagine: 200

Traduttore: Chaliand G.

Collana: La memoria


14,00€
Facile da trovare
Disponibile oggi da 8 Librerie

Sinossi

In trentasei racconti, tanti quante le lettere dell'alfabeto armeno, le tramandate testimonianze e le storie di bambini e bambine che sono sopravvissuti al genocidio armeno per mano ottomana, tra il 1915 e il 1923. Il toccante libro di Sonya Orfalian, apolide, rifugiata e figlia della diaspora, è destinato a diventare un classico, per il suo coraggio, per la sfrontata volontà di mostrare tutto, anche un universo di oltraggio e prevaricazione che dovrebbe appartenere solo al mondo della fantasia più nera e sfrenata. «Negli anni della mia infanzia sentivo che c'era un segreto, nella mia famiglia. Qualcosa che non poteva essere detto». Era il segreto celato in ciascuna delle famiglie dei sopravvissuti al genocidio degli armeni, compiuto nei territori dell'Impero ottomano tra il 1915 e il 1922. Le storie dei piccoli scampati allo sterminio: ciò che avevano subito, ciò a cui avevano assistito, come erano sopravvissuti, chi furono gli aguzzini, chi li aiutò a salvarsi, quale capriccio del caso li sottrasse alla morte. Nelle case dei discendenti, a causa del logorio del tempo e della diaspora, echeggiava solo un'eco lontana di tali racconti. E queste voci di ultima testimonianza, «ricordi, frammenti, sussurri» di bimbi e ragazzini indifesi, l'autrice ha raccolto nel corso del tempo da famigliari e conoscenti per tratteggiare nel modo più autentico il disegno di una tragedia collettiva. Quello che più risalta è che si tratta di bambini in marcia, che guardano e subiscono indicibili sofferenze lungo un cammino interminabile, perché lo specifico di quel massacro fu che esso si compì soprattutto attraverso terribili «marce della morte» (lezione utile, come dicono gli storici, per i successivi sterminatori del Novecento). E sono i figli di ogni classe sociale e ogni mestiere: dai professionisti delle città, dagli intellettuali cosmopoliti, ai poveri contadini delle campagne d'Anatolia. Dalle loro flebili voci, emergono anche i caratteri: gli audaci, gli avviliti, i vinti, gli speranzosi.

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