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Il teatro del Sole. La rifondazione di Palermo nel Cinquecento e l'idea della città barocca
Fagiolo Marcello , Madonna Maria Luisa

Il teatro del Sole. La rifondazione di Palermo nel Cinquecento e l'idea della città barocca

Editore: Gangemi Editore

Reparto: Architettura

ISBN: 9788849253016

Data di pubblicazione: 12/09/2025

Numero pagine: 336

Collana: Arti visive, architettura e urbanistica


28,00€
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Sinossi

Palermo nel Cinque-Seicento era non soltanto capitale del Viceregno di Sicilia, ma anche una delle più grandi metropoli d'Europa. Gli interventi architettonici e urbanistici dei Viceré, da Ferrante Gonzaga a Garcia de Toledo, da Carlo d'Aragona a Marcantonio Colonna, dal Maqueda al Villena, si pongono anzi tra i più rilevanti della storia d'Europa: in particolare non hanno precedenti per le loro dimensioni i grandi sventramenti di via Toledo e di via Maqueda che imprimono sulla città il simbolico «segno della croce» caratterizzando Palermo come pan?hortus e Paradiso, Città del Sole e Nuova Gerusalemme. Gli storici antichi celebravano come ottava meraviglia del mondo le varie imprese: il gigantesco Molo Nuovo (Pan-ormus = città tutto-porto), la Fontana Pretoria che per Vasari era la più importante del mondo, e soprattutto i «Quattro Canti» o «Foro Viglieno» o «Ottangolo» o «Teatro del Sole». I Quattro Canti vengono per la prima volta interpretati nella loro complessità di baricentro fisico e simbolico della città: insieme «cuore» e «anima», «occhio» da cui osservare il «gran teatro» della città (Panormus = panorama), emblema del Viceré o «corona» regia di Palermo, retablo consacrato non soltanto ai monarchi (i Grandi Padri), ma anche alle quattro sante patrone (le Grandi Madri) e alle quattro stagioni (il ciclo eterno del Tempo). In definitiva, il «Teatro del Sole» si pone come immagine-compendio della città, della Conca d'Oro e di tutta l'Isola del Sole. Le ricerche storiche e documentarie portano a importanti scoperte sull'immagine e sul significato non soltanto delle architetture della «città di pietra», ma anche sulle feste e sulla «città effimera». Si mette a fuoco inoltre la personalità dei due maggiori e finora semisconosciuti architetti operanti a Palermo: il toscano G.B. Collepietra e il romano-fiorentino Giulio Lasso.

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