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Le due capitali ai tempi della prima crociata: Caserta consolato romano dei Loritello, Canosa principato imperiale di Boemondo
Bascetta Arturo

Le due capitali ai tempi della prima crociata: Caserta consolato romano dei Loritello, Canosa principato imperiale di Boemondo

Editore: ABE

Reparto: Storia d'europa

ISBN: 9788872971895

Data di pubblicazione: 24/04/2025

Numero pagine: 164

Collana: Marchioni d'Italia


44,00€
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Sinossi

Prima due Dux, poi tanti Ducati provinciali; prima due Principi, poi tanti Principi metropolitani. E poiché i Popoli Italici non si sono fatti mancare mai niente, giunse il momento delle opposte capitali; prima come vicarie e poi a sede di due reami diversi che avviarono la lunga sequela altomedievale che porterà a quattro regni diversi sul territorio che, finalmente, nel lontano 1348, andranno a formare il Regno di Napoli e pian piano quello delle Due Sicilia. Insomma il cammino fu lungo e, negli anni trattati in questo libello, di vicende ne capitarono a bizzeffe, soltanto intorno alla fondazione di due città, ambedue chiamate Ad Novas, manco a dirlo, perché sulle Vetere, cioè nei pressi dei ruderi delle antiche urbe romane, furono fondate, Caserta e Canosa. A dire il vero, il parto per la nascita del Tricarico casertano, che sloggiò i primi Normanni capuani, fu proprio lungo, ma il Papa ebbe la meglio e i consoli caetani, di famiglia calabrese, insedietisi nelle terre salernitane degli avi di stirpe carolingia, a cominciare da Goffredo dell'Aquila, un posto a Luriano lo trovarono. Anche quando furono cacciati da Capua dal comitato di La Pelusia, fomentato dagli Altavilla di Palerno, perché divennero consoli a Teate, come ai tempi degli antichi Romani di Bubulco, e riuscirono a rifondare la Chiesa cattrolica, ripartendo da Montecassino per giungere a Caserta e nominarsi Marchioni d'Italia. Furono questi i Normanni detti Loritelli, eredi dei Capetingi, che litigarono per 150 anni con gli Altavilla, originari della Sarmazia, sebbene con molti di essi imparentati, mantenendo però le distanze, fra le bandiere dei Magnifici dell'Aquila di Puglia e quelle dei Gloriosi Altavilla di Palermo, ormai padroni di Capua. Manco a dirlo, proprio gli Altavilla litigarono in casa alla morte del Guiscardo, con Borsa che rifondò Salerno sposando la causa dei Magnifici nemici, e Boemondo che prese la via di Costantinopoli, sposando la causa dei Magni. Proprio costui, che doveva avere la peggio, appena giunto a Bizanzio, cedette alle lusinghe dei Cumneni e si alleò con Alessio, liberando l'Oriente dai Turchi e ricevendone in cambio il vessillo di S.Sofia portato direttamente dal pontifex Giovanni col potere temporale. Boemondo ebbe infatti la promessa che nella sua Canosa tornassero a risplendere gli ori bizantini fra i ruderi dell'antica «Hea» apula, trono epico di Magna Grecia, e che egli stesso divenisse principe in veste imperiale d'Oriente e d'Occidente, nel nome del rito greco e ortodosso, liberando i territori cristianizzati dagli arcivescovi e facendo tornare il rito misto, come era nei patti iniziali coi papi. Non a caso il regalo che gli fece l'Imperatore d'Oriente fu proprio l'imperio su 1/2 Romània bizantina, che egli riconquistò con le sue forze, risalendo dalla nuova Puglia, verso l'Abruzzo e il Molise, giungendo nel Ducato di Ascoli, sede della sua vicecapitale provinciale, scippandolo al papa e fondando quello che nel 1111 si chiamerà Giustizierato imperiale del Regno di Heapula di Re Tancredi. Non a caso i papi spingeranno i comitati militari dei consoli casertani dell'Aquila contro il nemico, contrapponendogli il vicetrono consolare del Regno di Gerusalemme. Chi crede che la cosiddetta Longobardia meridionale morì per un'invasione dei Normanni piovuta a casaccio si sbaglia. Questi guerrieri della stirpe degli Altavilla detti Dell'Aquila dai Francigeni, giunti dalla Sarmazia, cioè dal fiume Rama, sempre guidati da un solo dittatore, un Duce, capo del potere militare in quanto Comes dei Comes.

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